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Mostra retrospettiva del Maestro Giampiero Nebbia

Quadro Nebbia

Artista piemontese (1943 - 2006)

Inaugurazione: giovedì 27 ottobre h 17.30

A cura di Marisa Daffara

Durante l'inaugurazione, gli attori Valeria Carraro Tarcisio Stagnati reciteranno alcune poesie legate ai temi della  produzione artistica dell'autore. 

Seguirà rinfresco.

La mostra retrospettiva si protrarrà fino al 3 dicembre (orario di  biblioteca)

Si inaugurerà il 27 ottobre 2016 alle 17,30, presso la biblioteca  Arduino di Moncalieri, presente l'assessore Laura Pompeo, una mostra  retrospettiva dedicata al Maestro Giampiero Nebbia, artista piemontese  nato nel 1943 e morto dieci anni or sono.  Predilesse la pittura a  olio sebbene, come ogni pittore che si rispetti, abbia esplorato le  varie tecniche, dalla matita agli acquerelli fino all'acrilico, steso  con piccole e lievi spatolate.  Così, diversi e vari furono i  soggetti che durante la sua carriera presentò: nudi candidi e raffinati,  figure di donne colte in momenti di riflessione o di attesa, paesaggi  dagli ampi cieli e larghe campiture cromatiche; più spesso, scor ci cittadini illuminati dai fari delle automobili o avvolti in fitte nevicate.

Giampiero Nebbia era soprattutto un curioso della notte, come ebbe a dire in parecchie interviste.   Le finestre accese stimolavano la sua fantasia, così come le vetrine  dei locali da cui  intravedeva avventori appoggiati ai banconi o  suonatori con i loro strumenti. Immaginava le storie delle persone  dietro le persiane: un bambino che forse piangeva, qualcuno impegnato  nella lettura, un malato o una coppia che si ritrovava dopo una giornata  di lavoro.  Fu sempre molto attento all'umanità che lo circondava.  La sua sensibilità di artista gli faceva avvertire l'incomunicabilità  che spesso avvolge le persone in un bozzolo fino a condurle a una  solitudine dolorosa, perché mai accettata. Molti soggetti dei suoi  dipinti furono i clochard, gli anziani, le prostitute, i disoccupati:  persone spesso dimenticate a cui invece dedicò una partecipe attenzione,  proponendo immagini significative e atte a pungolare le coscienze. 

I suoi personaggi erano spesso di spalle o a capo chino. Ciò fu oggetto  di critiche, quasi non fosse in grado di riprodurre i lineamenti del  viso. Mise a tacere tutti con una mostra interamente dedicata ai  ritratti e poi tornò a esprimersi come meglio sentiva.  Nelle sue  tele non c'erano volutamente i volti perché identificava nei soggetti  tutti noi: a nessuno sono mancati, nel corso della vita, momenti di  abbandono, di stanchezza, di dolore.  Quando la malattia lo colpì,  impedendogli di avere una vita sociale attiva, il suo modo di esprimersi  pittoricamente rispecchiò in modo fedele la nuova condizione. Alle  atmosfere ovattate, ai colori stemperati, alle luci che indicavano  comunque una possibilità di riscatto e di speranza, sostituì tagli  prospettici geometrici, scolpiti da colori accesi e contrastanti con i  quali manifestava la propria inquietudine. Per un certo periodo si sentì  idealmente vicino ai temi di Hopper, ma aggiungeva ai soggetti tipici  del pittore americano l'uomo solo, inconfondibile simbolo dei suoi  quadri, a significare l'universalità della solitudine, che attanaglia  l'anima sotto qualsiasi cielo. 

Numerose e qualificanti sono state le  mostre personali in Italia e all'estero; vinse parecchi premi in  concorsi di pittura e fu poi in Giuria egli stesso; la critica  specializzata si occupò di lui in parecchie occasioni. Tuttavia, questi  riconoscimenti contarono poco rispetto al vero "premio" che egli ebbe  sempre: l'affetto del pubblico che si riconosceva istintivamente nei  soggetti proposti e che ne amava la tecnica esecutiva.  Senza  retorica, si può affermare che ebbe in dono un grande talento, ma la  sorte non gli fu benigna. Conobbe troppo presto la sofferenza fisica che  gli impedì di realizzare pienamente le sue potenzialità.